La «festa» del Primo Maggio nasce così: su un patibolo eretto davanti a un pubblico scelto di autorità cittadine e grandi industriali. Siamo nella Chicago di fine Ottocento, nella cosiddetta Gilded Age, l’epoca «d’oro» della società americana. O almeno così la definisce quella ristretta élite industriale che si è selvaggiamente arricchita a scapito di milioni di lavoratori immigrati. Per questi ultimi, è piuttosto l’epoca della lotta per le otto ore e della tubercolosi, l’epoca di «piombo» in cui la Pinkerton spara impunemente contro i picchetti operai. Ed è sullo sfondo di questa feroce guerra di classe scatenata da Stato e Capitale che scorrono gli eventi tumultuosi che portano alla nascita del Primo Maggio. Ma in questo racconto quasi in presa diretta, a essere restituiti alla memoria non sono tanto i fatti storici quanto i suoi protagonisti in carne e ossa: quei semplici militanti operai che non aspiravano affatto a diventare santi o martiri, ma che al contempo non intendevano neppure rinunciare alle proprie convinzioni. O meglio, alla propria dignità. Fino a farsi ammazzare su quel patibolo che ha cambiato la storia.
Biografia: Martin Cennevitz lavora come insegnante a Tours, in Francia. Appassionato di storia politica e sociale, si è occupato in particolare delle lotte dei lavoratori negli Stati Uniti dedicando a questo tema molte delle sue ricerche, dalle quali è nato questo libro. Al di là dei fatti storici che formano l’ossatura della ricerca, questa narrazione corale sulle origini del Primo Maggio – una delle celebrazioni più diffuse al mondo – fa ampio riferimento sia agli appunti autobiografici scritti in carcere dagli stessi condannati mentre erano in attesa dell’esecuzione, sia alle vicende che sono seguite ai tragici eventi di quegli anni.
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