Come può la stessa donna nell'arco di uno stesso anno venire considerata una «pazza» da tenere calma con robuste dosi di psicofarmaci (prescritti dopo un colloquio di dieci minuti) e una brillante professionista capace di offrire un generico «sostegno terapeutico» (pagato in nero) a clienti ricchi e disperati, persi dentro un labirinto di naturopati, life coach, sedicenti specialisti in medicina tradizionale cinese, centri estetici e beauty farm? E perché tutto questo succede proprio a Milano? La donna che vive questo paradossale ribaltamento, così tipico di un'epoca e di un luogo che ci vogliono attenti alla salute mentale ma allo stesso tempo performanti senza soste, capaci di produrre e fatturare (o ancora meglio incassare senza fattura), è Violetta Bellocchio. Da un lato cade facile preda di medici frettolosi, rimbalzando di studio privato in studio privato, dall'altro lato si ritrova arruolata come falsa psicologa da un gruppo di improbabili «curatori» preoccupati soltanto di spremere denaro alle persone più fragili, fino all'ultima goccia. Bellocchio scrive un memoir affilato e irresistibile, un racconto tragicomico delle contraddizioni del presente.
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