"In questi racconti la paura è un sentimento primordiale che viene solleticato attraverso un mix di credenze popolari e tensione, tra moralità e sovversione, tra desiderio di normatività e voglia di rompere gli schemi – sociali, religiosi, naturali."
Antonia Soriente
Un’autrice e due autori fra i più acclamati del panorama indonesiano di oggi firmano questa immersione nell’universo dell’horror, in omaggio allo scrittore di culto degli anni Settanta e Ottanta Abdullah Harahap.
Salimah, celebre danzatrice di dangdut, diventa bersaglio del desiderio maschile e dell’ipocrisia religiosa, fino a quando non ordisce una vendetta che sconvolgerà per sempre il villaggio. In un altro racconto, Nancy, proprietaria di un salone di bellezza, viene assassinata brutalmente, ma il suo fantasma tornerà a perseguitare i carnefici in un crescendo di orrore. E ancora, Iskandar entra in possesso del frammento di una maschera antica, scoprendone i poteri oscuri che lo trascinano in un vortice di delirio, rituali cannibalistici e culti demoniaci.
In questi racconti, lo spazio domestico si trasforma in trappola, la modernità urbana appare come una promessa infranta, e il desiderio – sessuale, sociale, politico – si esaudisce solo nell’aldilà o attraverso un patto con il demoniaco. Tra citazioni pulp e riflessioni post-coloniali, Gli schiavi di Satana è un viaggio perturbante e raffinato nella cultura indonesiana, tra realismo magico e decadenza.
-Salimah sollevò la sua offerta: la testa di Haji Ahmad. In verità, non era la testa che aveva a lungo desiderato, ma gli occhi. Quegli occhi erano adesso spalancati, come quando l’aveva guardata leggere la lettera di An-Nur, come quando aveva detto che le donne sono la fonte del peccato.-
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