Che cos’è la voce di un popolo? E possiamo davvero distinguerla dalle tante voci che animano, incitano e ingannano la folla? Muovendo da questi interrogativi, la ricerca di Andrea Cavalletti tocca il cuore delle concezioni filosofico-politiche più radicali e a volte più pericolose della modernità, risale all’interpretazione di Hobbes e mette in luce l’azione di una «doppia origine», capace di trasformare la vita in comune in tetra passione per lo Stato. La filosofia del Novecento ha infatti pensato a fondo i concetti della politica, ma ne ha anche risvegliato i tratti più sinistri, per subirne la fascinazione. A questo paradigma, Walter Benjamin ha opposto il metodo critico delle soluzioni non violente, sempre mediate, affermando insieme il tratto ludico della tecnica e l’essenza politica del gioco. Come suggerisce Cavalletti, alle idee benjaminiane si era sorprendentemente avvicinato un celebre campione e teorico degli scacchi, ma anche filosofo: Emanuel Lasker. I pezzi del gioco – questo il suo insegnamento – non formano due eserciti in miniatura agli ordini di finti generali. Al contrario, se riconosciamo sulla scacchiera un modello della guerra è perché le nostre vere armi sono quelle della logica. Lasker sviluppa così un’originale teoria della lotta politica: ogni scontro cruento è una partita finita male, la conseguenza di una cattiva strategia. Ogni conflitto diretto, che rinunci alle soluzioni mediate, sia esso serio o agonale, effettivo o potenziale, non è che un gioco già perso perché carente sul piano della logica e della conoscenza. Le sole risposte alla situazione più concreta e rischiosa saranno quelle all’altezza del suo tenore teorico.
Devi effettuare l’accesso per pubblicare una recensione.
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.