A partire dalla ricostruzione delle vicende di tre noti concorsi di architettura svoltisi negli anni Sessanta per le città di Roma, Parma e Vicenza, il libro narra di un delitto la cui vittima designata è la cultura del progetto. Una vittima, tuttavia, non sempre incolpevole. Spesso infatti, in Italia, il progetto di architettura rimane sulla carta per via di una concezione idealizzata dei suoi obiettivi, condivisa da committenti, fruitori e dagli stessi progettisti. A causa di questa idealizzazione, numerosi processi di trasformazione urbana sono stati sacrificati sull’altare di un’idea di progetto più avanzata e ottimale, sempre di là da venire, sovente lontana dal piano di realtà, assecondando l’aspirazione a ottenere l’ottimo in futuro, e non già il buono nel presente.
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