Paolo vive tra il presente e il passato, un continuo rimbalzo di ricordi e ossessioni che lo portano a interrogarsi su cosa resta del tempo vissuto: gli amori, i fallimenti, le relazioni familiari, filtrati da eventi che hanno segnato la sua generazione. L’11 settembre, la strage di Utøya, il Milan di Berlusconi, Federer, la pandemia: tutto si intreccia nella sua memoria come un mosaico disordinato. Claudia è una presenza sfuggente, un punto fermo che in realtà non c’è mai davvero. Attorno a lei orbitano altre figure: Brando, un padre che ha costruito un impero economico negli anni Settanta e ha lasciato ai figli un’eredità di assenza; Magda, che cerca uno status che la definisca e finisce per perdersi nella sua stessa ascesa sociale. Con tono leggero e disincantato, il romanzo si muove con un’ironia che stempera la malinconia di chi osserva il tempo scivolare senza una direzione chiara. Il finale a Kiruna, tra il gelo e l’aurora boreale, è un’immagine sospesa: il tempo non si ferma, ma forse Paolo smette di rincorrerlo.
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