Un testo breve e incandescente, scritto da un Marx poco più che venticinquenne, capace di aprire una delle discussioni più controverse del pensiero moderno. La questione ebraica non è solo un intervento sugli scritti di Bruno Bauer: è il laboratorio in cui Marx mette alla prova la critica dei diritti, dello Stato e delle forme giuridiche della modernità. Accusato talvolta di antisemitismo, questo scritto va compreso nella sua tensione teorica: Marx rovescia il problema dell’identità religiosa, mostrando come alla radice delle esclusioni non vi sia il culto, ma il dominio del denaro e i rapporti sociali che esso genera. La “questione ebraica” diventa così universale: il rapporto tra libertà formale e diseguaglianza reale, tra cittadinanza e alienazione economica. Nella sua introduzione Michele Prospero ricostruisce le letture e le deformazioni subite da questo testo, lasciando emergere il nucleo autentico della riflessione marxiana: la distinzione tra emancipazione politica ed emancipazione umana, e l’idea che solo trasformando i rapporti sociali sia possibile dare sostanza alla promessa dei diritti.
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