Cosa succede quando il concetto di istituzione totale e i suoi corollari non sono più utili a definire l’esperienza carceraria? Quando il confine tra ghetto urbano e prigione diventa poroso e sfumato ed emergono forme ibride di autogestione o co-gestione fra Stato e detenuti? In un continuo rimando tra contesti geografici e sociali molto diversi, Cerbini esplora questi interrogativi con lo sguardo dell’antropologa, ovvero partendo dalle esperienze dei soggetti che il carcere lo vivono e dalla loro visione del mondo. Grazie alle numerose etnografie condotte nell’ultimo decennio all’interno degli istituti di pena del Sud e del Nord globale, si profila così un radicale cambio di prospettiva che scardinando l’univocità del penitenziario ideale, sinonimo di ordine e disciplina, permette di riconsiderare le connessioni e la continuità tra dentro e fuori, tra carcere e società. Un mosaico di narrazioni e contronarrazioni in grado di restituire la multiforme violenza della governance del carcere contemporaneo e gettare le basi per un nuovo statuto teorico dell’istituzione penitenziaria.
Biografia: Francesca Cerbini, antropologa, è ricercatrice all’Università di Palermo e ricercatrice collaboratrice del Centro em Rede de Investigação em Antropologia di Lisbona. I suoi studi etnografici si concentrano principalmente sul sistema penitenziario, con ricerche sul campo effettuate prevalentemente in Bolivia, Brasile e Portogallo. Ha pubblicato La casa di sapone. Etnografia del carcere boliviano di San Pedro (2016), oltre a numerosi saggi su riviste scientifiche nazionali e internazionali.
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