Un faro sperduto nell’Atlantico meridionale, una pattuglia isolata, una guerra che si combatte nell’attesa. Il vento taglia la pelle, il mare ruggisce, il silenzio pesa più delle pallottole. I giorni si allungano in un tempo sospeso, scandito dalla routine e dal gelo che intorpidisce corpo e mente. Niente scontri epici, solo la paura e la fatica di restare vigili, di mantenere il controllo quando tutto intorno sembra cedere. In Ovejas, Sebastián Ávila ci porta nelle pieghe meno raccontate della guerra delle Malvinas, seguendo un gruppo di soldati abbandonati a loro stessi. La guerra è ovunque, ma invisibile: è nella fame che consuma, nell’ombra lunga della minaccia costante, nell’attesa snervante di un nemico che sembra non arrivare mai. Il nemico vero, invece, si insinua nei pensieri, nei dubbi, nelle crepe che si aprono tra compagni d’armi ormai ridotti a semplici uomini che sopravvivono giorno dopo giorno. Con una scrittura tagliente e densa di tensione, Ávila ci consegna un romanzo che è una profonda riflessione sulla natura umana, sulla fragilità che si nasconde dietro la divisa, sulla guerra che, prima ancora che nei campi di battaglia, si combatte dentro ciascuno di noi.
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