A lungo considerato un classico underground per i toni crudi e i contenuti sfacciatamente erotici, Memorie di una beatnik (1969) è un’autobiografia al confine tra storia e invenzione, arte e pornografia, confessione e fantasia. Con piglio ironico e spietata lucidità, Diane di Prima ripercorre una pagina cruciale della cultura statunitense a partire dai comportamenti e dalle vicissitudini quotidiane dei suoi protagonisti. New York, primi anni Cinquanta: Diane ha diciotto anni quando abbandona l’università e si trasferisce a Manhattan, là dove il Lower East Side si fa labirinto di miseria, rabbia e bellezza. Il suo appartamento diventa presto un punto d’incontro per amici, artisti erranti e figure irregolari di ogni sorta. Siamo in uno dei primi esperimenti di vita collettiva, in uno spazio di libertà assoluta, nel quale le relazioni affettive, il sesso, le droghe, ma anche la musica, la scrittura e la creazione artistica vengono esplorati con urgenza autentica e radicale. Intorno a lei, nella città di Charlie Parker e Miles Davis, assistiamo allo sbocciare euforico dell’amicizia, fatta di notti insonni e di ingegnosi espedienti per sopravvivere. I nomi di Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti, Jack Kerouac e Allen Ginsberg si intrecciano alla trama viva del racconto, mentre i ricordi di Diane – diretti, intensi, senza filtri – ci restituiscono il senso di quella febbre esplorativa, di quella stagione irripetibile che è stata la Beat Generation.
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