Non basterebbe una notte per contenere tutta Johannesburg con le sue baracche di lamiera, i ragazzini che giocano tra vetri rotti, i sogni interrotti di chi vive in una township. Non basterebbe una notte per bere abbastanza vodka da annegare i pensieri intrusivi. Non basterebbe una notte per parlare di Dio, dell’apartheid, di ragazze che sanno di miele e di uomini sfregiati nelle risse. Non basterebbe una notte per raccontare tutte le verità di Ari, l’amico immaginario con le ali, la pelliccia e la lingua tagliente. Non basterebbe una notte per abbracciare tutti gli amici e partecipare a tutte le feste. Non basterebbe una notte per prepararsi al caos che scoppierà. “Junx – Non basterebbe una notte” è l’epopea febbrile e vertiginosa di un anonimo narratore, in cui Tshidiso Moletsane, con una lingua che sa di strada e sogni bruciati, racconta di un’unica notte che sembra al tempo stesso sfuggente e infinita: troppo breve per viverla tutta, troppo lunga per uscirne illesi.
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