Un'opera fuori dagli schemi accademici e, insieme, profondamente radicata in una lunga traiettoria di pensiero critico. Una “biografia dei nostri tempi” che affonda nella crisi delle democrazie contemporanee, nell'erosione del concetto di popolo, nell'indebolimento delle funzioni intellettuali. Un collage di appunti, discorsi e scritti d'occasione nei quali l'autore rivendica una passione per il popolo inteso come simbolo esibito in pubblico del nostro essere ontologicamente relazionali. Cantaro mette in discussione le categorie dominanti di sovranismo, populismo, neoliberalismo, denunciando il tradimento che esse veicolano della sovranità popolare in favore di autoreferenziali élite e di algoritmi senza volto. Con Dante, Pasolini, Gramsci, Leopardi, Sciascia, Tocqueville, e in aperta polemica con la “scienza italianistica” degli intellettuali “insani”, il libro sviluppa una critica radicalmente severa della sinistra postmoderna - e dei suoi derivati ideologici, come la woke culture - quando precipita in una sorta di moralismo identitario che la condanna al velleitarismo e all'irrilevanza politica.
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