"Viviamo in acqua" è un piccolo trattato di sopravvivenza quotidiana inscenato nei sobborghi di un'America irrancidita, infestata da una panoplia di ragazzini molesti, ladri di bmx e alcolizzati all'ultimo stadio. I suoi protagonisti sono truffatori che fingendosi di Greenpeace gabbano i colletti bianchi pieni di sensi di colpa, giornalisti che si vendicano della ex manipolandole l'oroscopo, barboni in cerca di qualche spiccio per comprarsi l'ultimo Harry Potter. Sono recidivi della vita, gente abituata a deludere le aspettative per quanto basse possano essere, padri dal cuore spezzato che vedono sfilare dinnanzi a sé una lunga carrellata di occasioni perse, uomini in cerca di redenzione che falliscono, e falliscono di nuovo, stavolta meglio. Tutti membri di una comunità «troppo povera, troppo bianca, troppo ignorante». Qual è la loro versione dei fatti? Non c'è nessuna verità né la parvenza di un'agnizione che sistemi le cose e ci faccia tirare un sospiro di sollievo procrastinando l'inevitabile. In compenso «ci sono mondi interi sotto quella superficie». Magari noi non riusciamo a vedere nulla sotto le increspature dell'acqua, ma Walter sì. Abulie, dipendenze e un certo rammaricato cinismo animano una scrittura senza epifanie consolatorie, pungente di ironia e gravida di calor bianco, in cui l'umanità finalmente emerge da sott'acqua con una consapevolezza amara, ma insperata e nuova. O nuoti o affoghi.
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