Tommaso Fiore (1884-1973) è stato uno dei protagonisti del meridionalismo liberale del XX secolo impegnato in modo particolare nella difesa dei diritti dei contadini, e insieme a Salvemini si impegnò contro le eredità del periodo fascista. Ebbe un’intensa attività intellettuale, che spaziò da Virgilio a Erasmo da Rotterdam, da Tommaso Moro a Spinoza, con particolare attenzione, soprattutto nella seconda parte della sua vita, anche alla cultura russa. Il saggio, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua morte, ricostruisce il suo impegno culturale, politico e sociale partendo dall’importanza del concetto di utopia, base della sua formazione giovanile. Ciò che oggi più vive della sua lezione è il coraggio di sottoporre alla verifica dell’esperienza il suo pensiero politico, qualunque ne fosse il prezzo. La testimonianza più alta di questo approccio è consegnata ai suoi reportage: i taccuini scritti durante la Grande Guerra, le inchieste sulla società contadina pugliese e i diari di viaggio nell’Europa dell’Est. Ma pur nella prassi della militanza e delle responsabilità politiche non si spense mai il respiro lungo dell’utopia.
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