Partendo dallo studio dei romanzi di Nanni Balestrini, riuniti nel 1999 in una trilogia intitolata "La Grande Rivolta" ("Vogliamo tutto", 1971, "Gli invisibili", 1987, "L’editore", 1989), questa ricerca ricostruisce l’influenza della letteratura sull’immaginario delle rivolte del lungo Sessantotto italiano. L’opera di Balestrini costituisce infatti un’eccezione degna di nota nel panorama letterario di quegli anni, e proprio per questo può mostrarci più chiaramente le architetture simboliche e i procedimenti di una consapevole mitizzazione. L’analisi di questi romanzi rivela infatti che il racconto della contestazione segue le fasi dello schema dei riti di passaggio descritto dall’antropologia del Novecento. Vengono a tracciarsi così i contorni di un preciso discorso sul Sessantotto, che ha influenzato sia la memoria pubblica che il racconto letterario e storico: la narrazione della rivolta come un rituale comunitario di transizione, che conduce dalla festa al sacrificio. Applicando categorie antropologiche all’analisi dei testi letterari si scoprono le radici profonde di questo discorso, edificato su una dinamica mitologica che sembra ineludibile: decostruirlo significa tentare di comprendere come dall’ultima età eroica della Repubblica si sia giunti a un immaginario contemporaneo dell’azione politica dove ogni facoltà di agire sull’esistente appare impossibile.
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