Chi conosce le opere maggiori di Anton Čechov forse si stupirà di trovare il nome del grande drammaturgo accostato a semplici racconti comici. L’«umoresca», difatti, è un termine mutuato dalla musica, ove indica una canzone simile allo «scherzo», e in letteratura indica una miniatura umoristica in prosa o in versi.
Le umoresche di Čechov, databili tra il 1880 e il 1886, nacquero quando il giovane Anton aveva appena raggiunto la famiglia a Mosca dalla nativa Taganrog: si era iscritto all’università e doveva mantenersi e, se possibile, aiutare anche i familiari, economicamente fragili. Il «la» glielo offrì un fratello illustratore, che lo introdusse nell’ambiente delle riviste umoristiche: Čechov provò a scrivere per esse, e scoprì che gli riusciva assai bene. Negli anni seguenti produsse così una notevole mole di racconti (e qualche disegnino), quasi tutti inediti per il pubblico italiano.
«Desidero spiegare come ho raccolto i testi qui presentati. Avrei potuto, con intento filologico, tradurre tutte le umoresche di Čechov inedite in Italia, fino all’ultima virgola, così da allargare al massimo la conoscenza di uno scrittore tanto amato. Ho deciso invece di trascurare anch’io, come ha fatto Čechov, quei testi che hanno perso di attualità in quanto riferiti a fatti di cronaca, personaggi, realtà che non si conoscono più. Ho escluso anche i racconti che mi apparivano troppo elementari, dilettanteschi. Cosa è rimasto? Un florilegio di testi divertenti, allegri, leggeri, sottratti alla malinconia del mondo» (Carla Muschio).
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