"Ginzburg capì il Risorgimento perché ne condivise il sentimento morale", scrive Maurizio Viroli nella prefazione a questo breve saggio del 1943, redatto dall'autore mentre si trovava al confino in provincia de L'Aquila. Per Ginzburg, che avverte con chiarezza lo sgretolarsi del regime fascista, non si tratta di ripercorrere un periodo storico, ma di affermarne la "tradizione viva", alla quale si torna per ricavare "norme di giudizio e incentivi all'azione". In pagine dove l'urgenza delle scelte affila il rigore critico, viene rivalutato il ruolo politico di Mazzini e mostrata la distanza tra i moderni nazionalismi e l'amore per la patria che muoveva le insurrezioni ottocentesche, ponendo così le basi per quella filiazione diretta tra Risorgimento e Resistenza che avrebbe dovuto portare non solo alla liberazione del Paese, ma alla nascita di una società nuova. Rimasto incompiuto al momento dell'adesione da parte dello studioso alla lotta clandestina, "La tradizione del Risorgimento" venne pubblicato postumo nel 1945. Rimane oggi la testimonianza estrema di una tensione ideale lucida e rigorosa, che mantiene inalterata la sua attualità.
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