"Nogiku no haka" ("La tomba del crisantemo selvatico"), il lungo racconto che apre e dà il titolo a questa raccolta, è la prima opera in prosa di Ito Sachio. La voce dell’autore è però già matura, come dimostra l’apprezzamento espresso da Natsume Soseki, che la giudicò spontanea, leggera, commovente, bella. Gli altri racconti condividono la stessa altissima qualità. La loro semplicità non deve trarre in inganno. Essi indagano i moti dell’animo umano da più angolazioni, per coglierne tutte le sfumature, senza trascurare punti di vista e sensibilità derivanti da esperienze ed età differenti. Ciò che in particolare preme all’autore è però il recupero della memoria, nel tentativo di conservare per sempre il passato, attualizzato in un eterno presente. La condizione di un animo, il sentire di una persona, si rivelano così universali. È il sentimento che si insinua come un germoglio nel cuore di Masao e Tamiko, i protagonisti di La tomba del crisantemo selvatico, oppure quello del bambino per la sua balia Omatsu, di cui ricorda il sorriso e la tenerezza (in "La casa della balia"), ed è anche quello dell’anziano agricoltore che ripercorre con nostalgia i fatti accaduti una mattina di molti anni prima (in "La nipote"). Come osserva la traduttrice nella postfazione, Ito «deve fissare quello che lui ha conosciuto e conosce prima di non riuscire più a vederlo, prima che i suoi occhi, deboli e malati fin da quando era giovane, smettano di funzionare. Così prima rievoca, poi rende presente, poi lo regala a noi, come un magnifico oggetto ben colorato e messo in bella vista in un luogo dove tutti lo possano godere».
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