Divertire e divertirsi era il talento di Beppe Viola. Con questo libro, fatto di testi dimenticati o dispersi (“fogli, foglietti, appunti... più un tot di pezzi strepitosi, distribuiti a chi capiva la stoffa e a chi no”, racconta Giorgio Terruzzi), veniamo catapultati nel laboratorio Viola in tutta la sua più irriverente sardonicità, lì dove è concentrato il suo istinto creativo, fatto di sorpresa, stupore, spiazzamento. Naturalmente, si parla di calcio: Milan, Inter, doping, arbitri, moviola, presidenti, tifosi, ma anche di rugby, amicizia, cavalli, donne; poi ci sono interviste mai realizzate, una serie di «quelli che» tagliati dalla canzone, progetti per altre canzoni, spot pubblicitari e trasmissioni radiofoniche. Sono pezzi che possono essere letti anche come una biografia in filigrana dell'ultimo Viola, segnata dalla creazione dell'agenzia giornalistica Magazine, altrimenti detta Marchettificio: «La scelta dei collaboratori - scrive Viola a Franco Carraro, presidente del Coni - viene fatta soltanto ed esclusivamente sulla base della mia simpatia personale. In tanti anni di marciapiede sappiamo perfettamente quali sono i giornalisti bravi, quelli modesti, chi becca la stecca e chi lavora seriamente e con competenza». Quella Milano e quell'Italia vengono spietatamente scansionate dal suo occhio vigile e malinconico, e filtrate da un «lessico famigliare» che è ormai diventato patrimonio nazionale. Con scritti di Marco Pastonesi, Giorgio Terruzzi e Marina Viola.
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