C’è una contraddizione fondamentale al cuore della politica americana, che perdura sin dalla fondazione degli Stati Uniti: man mano che la democrazia progredisce e si consolida, ci sarà sempre una fazione reazionaria che si oppone al cambiamento e cerca di incrinarne le basi; man mano che gli ideali di libertà e uguaglianza si diffondono concretizzandosi in leggi e sentimenti più inclusivi, fenomeni come la xenofobia, la discriminazione e la divaricazione sociale vanno di pari passo. Negli ultimi anni questa discrepanza si è tradotta in un populismo di destra aggressivo fino alla ferocia, che utilizza le armi e le regole della democrazia per minarne le fondamenta dall’interno. Questo nuovo reazionarismo – che non si propone di abbattere le istituzioni democratiche ma di piegarle ai propri scopi – è un fenomeno che ha cessato da tempo di essere squisitamente americano e che si è esteso, con modalità talvolta differenti ma con la medesima base ideologica e pragmatica, all’Asia e all’Europa, fino a bussare alle nostre porte. Attingendo a un’ampia esperienza personale, e alternando con sapienza la teoria politica e l’analisi degli ultimi sviluppi in paesi che vanno da Israele all’India, dalla Cina all’Ungheria, Beauchamp spiega con dovizia di dettagli come determinate contraddizioni siano intrinseche al progetto stesso della democrazia, e come lo spirito reazionario, che in passato aveva cercato di respingere e negare quel progetto, ora ne adotti il linguaggio per sovvertirlo, dimostrandosi, in questo, ancora più insidioso.
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