Si è soliti far risalire la storia dello sport paralimpico italiano alle Olimpiadi di Roma (1960). In realtà, in un'ottica puramente riabilitativa, i rapporti tra attività motorie e disabilità affondano nell'ottocento positivista. Già in questo secolo il ricorso alla ginnastica trovò applicazione nella cura delle nevrastenie e nella lotta, sociale e terapeutica, al rachitismo. La grande guerra, come strumento teso al recupero psico-fisico delle masse di feriti e mutilati tornati dal fronte, produsse delle forme di cauta sportivizzazione del fenomeno, e in periodo fascista si assiste alla nascita del primo, importante movimento sportivo per disabili. Quello dei non udenti, organizzato nel 1929, a cui apparterranno anche alcuni grandi campioni capaci di imporsi tra i normodotati: i pugili Carlo Orlandi e Mario d'Agata, il lottatore Ignazio Fabra. infine il secondo dopoguerra, a partire dagli anni '50, vede una più matura presa di coscienza dei diritti delle persone disabili, inserendo in questa dimensione lo sport. Uno sport non più curativo o riabilitativo, bensì inteso in quell'accezione pienamente agonistica che ha nel paralimpismo la sua massima espressione. Il volume ripercorre questo lungo, travagliato processo d'inclusione e civiltà seguendone le linee evolutive, valorizzando i suoi protagonisti e "pionieri" otto-novecenteschi ignoti o dimenticati (Giovanni Tonino, Ernesto Ricardi di Netro, Francesco Ravano, Alberto Alberti, Giovanni Gallarini, Roberto de Marchi, Emidio Pacenza) per giungere fino ai nostri giorni (alle stagioni di Antonio Maglio e Luca Pancalli, degli straordinari Alex Zanardi, Bebe Vio ecc.) e alle ultime paralimpiadi di parigi 2024.
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