Alla soglia dei cinquant’anni una donna osserva e racconta, con struggimento e con ironia, i tanti cambiamenti che avvengono in quel periodo di passaggio: nel proprio corpo, nella percezione del tempo, nei rapporti fra i sessi. Con la pausa, o meglio con la battuta d’arresto della fertilità, la vita di una donna sembra, infatti, subire uno strano contraccolpo. Come se all’improvviso si fosse persa quella che fino a poco prima sembrava una condizione destinata a durare per sempre: la «beata incoscienza d’essere», cioè la sottile e tacita sintonia fra il tempo del proprio corpo e quello del mondo. In uno scenario meridionale, i ricordi recenti si mescolano con quelli luminosi dell’infanzia e dell’adolescenza.
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