«Presepe o Presepopea? Tutti sanno com’è fatto un presepe; quasi tutti hanno costruito un presepe; pochi sapevano ciò che facevano quando lo facevano; solo Dio sa che cosa lo abbiamo fatto diventare facendolo – o non facendolo più – oggi.»
Leggiamo nell’Esodo «Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra» (Es.; 20, 4). Ci vuole un bel coraggio, allora, a fare il presepio.
In questo saggio partiremo da questa considerazione: tutti credono di sapere che cosa sia “Il Presepe”; ne abbiamo visti di tutte le fogge e colori: presepi napoletani, germanici, viventi, autoctoni, allogeni, mistici, misti, moderni, post-moderni, futuristici o, addirittura, fantascientifici. In uno di questi la Sacra Famiglia è fatta di rimasugli di un pc. E pensare che il libro dell’Esodo contiene un’interdizione chiara e incontrovertibile «Non ti farai un Dio di metallo fuso» (Es.; 34, 13). Forse l’aveva previsto, Dio, che qualcuno prima o poi avrebbe sostituito il Bambino nella mangiatoia con una pila ricaricabile. Quello che forse non aveva previsto è che quella pila è irreparabilmente scarica, non alimenta più alcuna luce, e le luminarie del Natale che trasformano le nostre città in Luna Park sono piuttosto lo scimmiottamento inconsapevole di antiche festività romane. Benedetto XVI ha invitato a Roma artisti da tutto il mondo per discutere della crisi dell’arte “sacra”; forse dovremmo ricominciare dall’inizio, dunque, visto che tutta l’arte è teologia in immagini e anche il presepe dovrà tornare ad essere ciò che era, icona visiva della Natività.
Anno di pubblicazione: 2009
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