Oggi la cultura dei media comprende un universo di forme (siti web, videogiochi, blog, libri, film, programmi televisivi e radiofonici, riviste e molto altro) e una moltitudine di pratiche che includono la creazione, il remix, la condivisione e la critica. Tale molteplicità è tanto vasta da non poter essere capita nel suo insieme. In questo libro, Jay David Bolter trova le radici del nostro multiverso mediale in due sviluppi della seconda metà del ventesimo secolo: il declino dell'arte di élite e l'ascesa dei media digitali. Abbiamo smesso di credere, come collettività, alla cultura con la C maiuscola. Le gerarchie che classificavano la musica classica come più importante del pop, i romanzi letterari come più meritevoli dei fumetti, o la televisione e il cinema come poco seri si sono guastate. L'arte precedentemente nota come «alta» trova il suo posto nella pienezza dei media. La cultura elitaria del Novecento ha lasciato il segno, nel nostro panorama mediale, nella forma di quello che Bolter chiama «modernismo popolare». Nel frattempo sono emerse nuove forme di media digitali che hanno amplificato questi cambiamenti. Bolter individua e racconta una serie di dicotomie che caratterizzano la nostra cultura mediale: la catarsi e il flusso, il ritmo continuo dell'esperienza digitale; il remix e l'originalità; la storia (non riproducibile) e la simulazione (ripetibile all'infinito); ancora, i social media e una politica coerente. Uno sguardo acuto sui media contemporanei.
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