Da troppo tempo, ormai, ingombranti fantasmi cercano casa.
I grandi gessi del Vittoriano, ad alcuni loro occasionali compagni di strada, accomunati da un medesimo destino e dal fatto di essere realizzati nello stesso fragile materiale, dopo tanti anni di oscuro e disagiato oblìo nei depositi del Monumento, parevano aver trovato finalmente una parziale pace nell'ambito di un nuovo assetto museale della giganteggiante costruzione celebrativa.
Del resto dove altro avrebbero potuto trovare degna e significativa collocazione le memorie tangibili del più grande concorso artistico del secolo scorso, se non nel ventre stesso dell'ambizioso, magniloquente progetto che li aveva generati?
Eppure è stata un'instabile pace.
Destinato il Vittoriano a più immediati e prosaici ricavi in grado di attrarre masse ben maggiori a confronto di un troppo colto e intelligente Museo del Monumento, le grandi sculture (e la grandezza è forse una delle loro colpe più gravi), hanno iniziato uno scomodo e difficile pellegrinaggio tra la Palazzina Capocci, adiacente al Museo degli Strumenti Musicali a Santa Croce in Gerusalemme, e le tante casse di un affrettato trasloco.
Se non fosse stato per la tenacia e l'impegno di Federica Di Napoli Rampolla, restauratrice con grande spirito di giustizia e senso della Storia, affiancata e sostenuta dal mio precedessore nell'incarico presso questa Direzione Regionale, Luciano Marchetti, gli scomodi testimoni di un tempo un cui l'Arte era al centro delle attenzioni propagandistiche del Potere ufficiale sarebbero ancora oggi a frantumarsi e disgregarsi nelle loro scomodo casse. Come se non fosse bastato il trauma già subito a causa dei non necessari e mal condotti spostamenti!
La pietas di Federica Di Napoli li ha raccolti e ha predisposto per loro un nuovo alloggio, forse ancora provvisorio, ma almeno sicuro, all'interno di vasti locali dell'ex Mattatoio al Testaccio, dove la disiecta membra, finalmente dispiegate, hanno potuto ricevere i primi soccorsi d'emergenza. Soccorsi che non potevano certo prescindere da una fase preliminare della conoscenza che, andando a ricercare e frugare tra vecchi archivi, fortunatamente almeno in parte ben tenuti e ordinati, e tra antiche documentazioni fotografiche, ha potuto ricostruire le vicende e i percorsi di queste opere incomprese e, di conseguenza, maltrattate.
Principale strumento operativo è stata la schedatura, che qui si presenta organizzata secondo una scheda-tipo, che ha finalmente consentito di capire e valutare, con una seria base documentale, la quantità e la qualità del materiale di cui si tratta, come giustamente afferma Federica, che dottamente disserta sulla differenza fondamentale tra modello e bozzetto.
Mario Lolli Ghetti
Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio
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