L’urbanità e i saperi operanti nel fare città sono entrati in crisi. Quei saperi avrebbero potuto costituire la base di un pensiero teorico-pratico in fatto di città e, più in generale, in tema di vita associata e di politica, utile a fornire strumenti di orientamento al consorzio umano nel mutare delle condizioni storiche. Ma questo non è avvenuto; sicché il lascito delle città non è sufficiente a fare da guida nel mutamento. Resistono, almeno in parte, le vestigia delle città storiche, ma per i più queste rimangono mute e, comunque, impossibilitate a fecondare il divenire. Così le città sono esposte a un duplice attacco: quello devastante delle guerre e quello capillare della rendita immobiliare, che, con la sua azione selettiva, impoverisce via via il potenziale più prezioso dei contesti urbani: il loro essere realtà socialmente complesse e il laboratorio primario delle regole dell’umana convivenza e della sua messa in valore.
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