"Non nasce teatro laddove la vita è piena, dove si è soddisfatti. Il teatro nasce dove ci sono delle ferite, dove ci sono dei vuoti. È lì che qualcuno ha bisogno di stare ad ascoltare qualcosa che qualcun altro ha da dire a lui" (Copeau). In questi vuoti, in questa eccezionalità reclusa, si inseriscono i racconti e i dialoghi di Giancarlo Capozzoli, scrittore e regista teatrale, impegnato da anni in progetti di spettacoli nel chiuso delle carceri e all'aperto del cuore. Bisogna avere uno sguardo aperto, una forte umanità per testimoniare (come nello spirito della nostra collana) il valore liberante dell'arte, l'umiltà di imparare dai dimenticati, come Capozzoli scrive nell'introduzione: "In questo luogo insolito ho scoperto un mondo altro, e, nonostante tutto, la dignità. La dignità di persone dimenticate. Da qui la necessità di raccontare e scrivere".
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