Lei ragazza, che sale e scende le scale al ritmo di pietre preziose, e negli occhi del suo navigato artista legge il sogno di un viaggio in altrove. O l’altra lei, che vende storie di carta ed è figlia del viaggio, quarant’anni a cercare il padre e ora sulla soglia dell’incontro. O infine lei, lei che è sabbia calda e poi danza, lei che è semina parigina della promessa di un amore e poi ritorno arabo al conforto dell’ombra – o invece lei, l’amica che torna a nascere sui rami del Grande Albero e rifiuta il distacco dal cuore.
Il fuoco che accomuna i racconti delle Ribellioni è dominato da donne che cercano una ragione, un colpo di coda per tornare alla vita o riscoprirne il senso. Presenze e assenze sfuggenti hanno la forma di uomini, che offrono loro uno specchio proiettato sul mondo intimo che le riguarda, sempre contaminato da un sentimento d’amore.
«Nuota fino a me» è la preghiera e l’invito che Yolaine Destremau regala al lettore con quest’opera in tre movimenti, il cui fulcro è nell’inquietudine e nella voglia di queste donne di scoprire la libertà, di vivere la propria femminilità, anche quando questa accarezza i confini del fragile, semplicemente perché non vi è altra scelta.
Dall’Italia alla Francia, dall’Arabia alle coste d’America, Le ribellioni è la strada che percorre quell’universo emotivo e tenace dove la voce che trionfa è quella di chi non ha paura di cercare, di chi non si ferma, nella battaglia per la conquista del sé. Nella scrittura della Destremau la bellezza è a portata di mano, una stanza accogliente dentro cui si può entrare di corsa o in punta di piedi, ma sempre e solo con un imperativo: bussate forte.
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