Non c'è niente di male nell'imparare dagli altri. Anzi: l'esperienza indiretta, insieme a quella diretta, è un'importante fonte di informazioni che individui e aziende utilizzano per trovare la loro strada nel mercato. Dopotutto, imparare a partire dagli errori e dagli inconvenienti così come dai successi altrui è molto più facile ed economico che affrontare ogni sfida di management come se fosse nuova. Il problema, semmai, nasce quando questo confronto viene effettuato con criteri "casuali" o, ancora più grave, quando slogan come "nelle migliori aziende lavorano solo i migliori" o "i grandi leader esercitano un controllo totale sulle loro aziende" diventano dogmi assoluti che vengono applicati a ogni decisione, a ogni programma e a ogni procedura, solo perché qualcuno, in un'altra azienda, lo ha già fatto. Affermazioni come queste, ritenute esempi di grande saggezza, risultano alla prova dei fatti incomplete e prive di lungimiranza imprenditoriale, e finiscono per provocare danni irreparabili alle società, alle carriere dei manager e alla fiducia dei dipendenti. Dopo aver studiato per due anni le maggiori multinazionali americane, Jeffrey Pfeffer e Robert I. Sutton hanno raccolto i risultati in un libro che sta rivoluzionando le scelte di una generazione d'imprenditori. Basta con le "verità acquisite", dunque, e guardiamo al futuro solo attraverso l'analisi di tutto ciò che è tangibile: risultati, errori, organizzazione, concorrenza.
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