L’età dell’uva è un libro sui morti. Sui morti che ci parlano, sui morti cui parliamo. Il tentativo di decifrare la lingua che parlano e dimenticano – la lingua che parlano appena ci dimenticano. Una lunghissima preghiera perché ci mostrino il solco che divide il loro mondo dal nostro e lo cancellino; lo tatuino, oppure, appena appena sulle labbra. Come un breviario laico, L’età dell’uva conserva e indaga i volti, i nomi e i gesti di chi, con gli occhi chiusi ormai per sempre, ancora e nonostante cammina in mezzo a noi. Un libro di memorie, uno strumento: ogni verso andrebbe recitato, sussurrando, prima di dormire – per vegliare e custodire, forse un po’ tremando, i morti nella voce e, a poco a poco, imparare a congedarli. A riconoscerli, oppure, per strada quando li chiamiamo e loro, sorridendo, si voltano una volta ancora: l’ultima, la prima.
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