La leggenda vuole che Édith Piaf sia nata su un marciapiede del quartiere di Belleville, a Parigi. Di certo, della strada e dell’amata Paname (come viene chiamata popolarmente la capitale francese) ha saputo cogliere l’essenza, raccontare le storie e cantarle al mondo. Figlia di artisti ambulanti, Édith ereditò dal padre il carattere indipendente e insubordinato, l’amore per la libertà e il gusto per il vagabondaggio, e dalla madre una voce che tocca i recessi più profondi dell’anima. Caratteristiche che fecero di lei una grandissima cantante e una portavoce dei bassifondi capace di fare breccia negli ambienti più esclusivi – dall’Europa a New York a Hollywood –, passando per caserme, bar malfamati e case di tolleranza. E purtroppo anche una donna fragile, incline all’alcol e all’uso di altre sostanze illecite, capaci di allontanare, anche solo per pochi istanti, i fantasmi che la ossessionavano.David Lelait-Helo, con una prosa brillante e coinvolgente, ripercorre le tappe di una carriera folgorante, ricca di cadute e di rinascite, e una vita di eccessi, sempre condotta al limite delle sue forze. Edith non amava le mezze misure: generosa in ogni occasione, ha donato alle scene tutta se stessa, mettendo il suo genio al servizio di giovani talenti che ha saputo trasformare in star internazionali (tra i tanti ricordiamo Yves Montand, Charles Aznavour, Eddie Constantine…). Dispotica e lunatica, vittima dei suoi umori e dei suoi vizi, amante appassionata – celebre la sua relazione con il pugile Marcel Cerdan, conclusasi tragicamente – e vendicativa, irascibile ma pronta al perdono, ha vissuto ogni giorno senza preoccuparsi del futuro. Per lei vivere significava cantare e poter dire, pochi mesi prima della morte: «Non, je ne regrette rien…», non rimpiango nulla.
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