Questo volume si concentra sulla figura di Angelo Di Castro, architetto romano tra i più prolifici nella Capitale nell’arco temporale della sua attività, che copre circa sessant’anni a cavallo del secondo conflitto mondiale. Angelo Di Castro nel corso della sua esperienza professionale è stato testimone attivo di gran parte dell’itinerario percorso dall’architettura italiana del XX secolo, seguendone le diverse stagioni, riassorbendole tutte nel suo “irrequieto sperimentare” e arrivando così, nella sua piena maturità, a definire un codice riconoscibile, appartenente a un manierismo alto. Attraverso una selezione ragionata di temi e figure questo studio tenta di individuare i contorni di autorialità in un insieme di progetti tra loro apparentemente eterogenei: la ricerca di linee di forza che, in una certa misura, hanno saputo concretarsi in un riverbero raccolto anche da altri autori, disseminando nella città un carattere comune, in grado di definire la peculiarità del milieu romano nel dopoguerra, inteso – per dirla con Muratori – come espressione collettiva. E, con uno sguardo più ampio, tenta di inserire un piccolo tassello nella ricerca, ancora aperta, sulla vicenda culturale e architettonica romana e italiana tra gli anni Venti e gli anni Settanta del Novecento. Poiché, tra le pieghe del Moderno, in quella schiera di ottimi professionisti che, scrivendo poco ma costruendo molto, hanno messo alla prova le speculazioni teorico-pratiche dei Maestri attraverso un metodo veracemente sperimentale, riteniamo si possano rinvenire alcune delle ragioni di un auspicato rinnovamento del nostro mestiere, oggi quanto mai urgente.
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