La maledizione del fico raccontata nei Vangeli di Marco e di Matteo è, insieme all'uccisione dei porci, uno dei rari miracoli che si risolvono con effetti negativi. Ma se la morte dei porci precipitati da un crepaccio libera un indemoniato, la maledizione del fico non porta alcun vantaggio. Gesù è a Betania, si sveglia affamato e si mette a cercare i frutti tra le foglie di un fico rigoglioso. Non trovandone, lo condanna alla sterilità eterna. Al di là dell'apparente insensatezza, che significato teologico dobbiamo dare a questa maledizione? Che mistero nasconde? Alberto Garlini ricostruisce la vicenda del fico di Betania immaginando la figura di Simone, figlio di Taddeo, uno zelota che si nasconde sotto falso nome in un casolare di campagna. In gioventù ha commesso molti crimini spinto da una religiosità messianica e violenta che si oppone al giogo dei romani e, quando una mattina si trova di fronte al fico incenerito nel suo podere, lo interpreta come un segno di sventura che lo costringe a fare i conti con il proprio passato tenebroso. Simone è attratto dall'autorevolezza e dal fascino di Gesù e, forte della sua consuetudine con la violenza, ne percepirà la morte imminente e l'affiato verso una salvezza venata di disperazione. Perché, sembra dire l'autore, uomini e dei non vivono in sfere differenziate ma sono accomunati da un fragile destino...
Devi effettuare l’accesso per pubblicare una recensione.
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.