L’Italia del dopoguerra è livida, stretta nella morsa della miseria e sfiancata dal tumulto della ricostruzione. Luca, un giovane di provincia, va a Roma in cerca di fortuna; ha in tasca due lettere di raccomandazione di altrettanti compaesani, il parroco e il segretario della sezione socialista, con le quali spera di trovare lavoro. Appena scende dal treno incontra Lidia, una prostituta che lo trascina nella pensione della “vecchia”, una vedova indigente quanto e più di loro, dove la ragazza alloggia ed esercita. Inizia così la questua del giovane che, rimbalzato tra notabili e uomini di chiesa, alla fine un lavoro, seppur precario, lo ottiene. Ma l’inadeguatezza non lo abbandona; così come non abbandona Lidia, né Luigi, l’anarchico militante, o Alberto, lo studente di Legge. Davanti ai loro sguardi si staglia l’orizzonte del possibile, che però non si può mai davvero afferrare. Una cricca di sconfitti, irrimediabilmente figli dei loro anni eppure così vicini ai nostri giorni, che guardano il mondo scorrere, a volte pensano di poterlo afferrare, e invece solo ciondolano, persi e insieme intrappolati.
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