Se guardiamo al ritratto-tipo della femminilità attuale, per una donna l'apice della realizzazione risiederebbe nel possesso di costose borsette, di un vibratore, di un appartamento e di un uomo - senz'altro in quest'ordine. Come siamo arrivati a questo punto? I desideri veicolati dai movimenti di liberazione delle donne del secolo scorso si sono forse realizzati nel paradiso commerciale di vizietti autocompiaciuti, orecchini col coniglietto di Playboy e cerette inguinali? Che l'apice della supposta emancipazione delle donne possa perfettamente coincidere con il consumismo è un triste indice della miseria politica della nostra epoca. Ma il femminismo contemporaneo, soprattutto nelle sue formulazioni americane non sembra affatto preoccupato del passaggio dalla donna-oggetto alla donna-merce. Oggi il «femminismo» sembra essere ovunque: pretesto per vendere di tutto, dai sex toys alle scarpe di lusso fino, ovviamente, alla vendita di sé. Ma com'è possibile che il femminismo sia diventato un discorso egemonico perfettamente integrato alle esigenze del mercato? Come se ne sono impadroniti i vecchi nemici? Prendendo spunto dal cinema, dalla filosofia, dall'attualità, dalla politica, dalla pornografia e dalle lotte delle donne di ieri e di oggi, il libro mostra che questa nuova forma di «unidimensionalità» non è per le donne necessariamente un destino, e che la battaglia femminista sta davanti a noi e non dietro di noi.
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