Capita non di rado di sentire affermare dalle fonti più disparate, e anche qualificate, che quello del declino demografico dell'Occidente sarebbe un problema inventato. Ma, se così fosse, per quale motivo i più avanzati Paesi europei si impegnerebbero per attuare le politiche più efficaci per contrastarlo? Sbagliano analisi? Non sanno più leggere e interpretare i dati della loro stessa demografia? Forse è più realistico pensare che il problema non solo esista, ma sia a tal punto grave che misure di stampo dichiaratamente natalista, tese in primis, se non in modo esclusivo, a incrementare le nascite, non riescono che ad attenuarlo senza venirne a capo. Questo saggio, peraltro, non sposa affatto il punto di vista dei pragmatici, secondo i quali, se si fanno pochi figli e sempre più coppie non ne fanno nessuno, ciò accadrebbe per ragioni materiali e contingenti: il lavoro che scarseggia, i redditi non abbastanza alti e sicuri, i servizi carenti e via di questo passo. Costoro non colgono l'anima del problema, che sta proprio nella riproduzione sessuale in Occidente, nel sesso degli occidentali, che è cambiato, in corrispondenza con i cambiamenti nelle coppie e nelle famiglie, nel matrimonio e nei modi e nei tempi del mettersi e dello stare insieme tra uomini e donne, non sempre, anzi quasi mai, in meglio. È con quest'anima assai problematica e riottosa che bisogna fare i conti, ammesso e non concesso che ci stiano ancora a cuore le sorti della nostra civiltà.
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