Giuseppe, filosofo e psicologo, viene colpito da un ictus che compromette le sue facoltà. Le parole gli escono a caso. Un covo di serpi si è annidato nel punto esatto in cui il linguaggio nasce. I suoi amici più cari lo sorreggono e, nel frattempo, affrontano il lutto per la parola di un compagno che per loro è sempre stato un riferimento, mentre il mondo scientifico e culturale ne prende le distanze, non sapendo come maneggiare un filosofo senza parole. Improvvisamente, tutto è messo in gioco dall'ingovernabile che si è imposto nelle vite di un gruppo di amici che avevano sempre fatto conto sulla parola come forma principale di legame: inizia un lungo viaggio, interiore e reale, alla ricerca di nuove, fragili forme di relazione. Ma sarà Giuseppe, in apparenza da solo, a doversi salvare dalla tentazione dell'isolamento, dell'autoesclusione, della barbarie di chi non possiede più il linguaggio. Lo farà scappando, nascondendosi e scoprendo poi, all'improvviso, che il desiderio di un uomo trova strade inaspettate e magiche per emergere, anche nella profondità del trauma, e per mantenere vivo l'amore nei confronti degli amici.
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