Questo libro, scritto nel 1983 a partire da ricerche sulla nascita del romanzo antico, è figura dell’auriga platonico che non cede al cavallo nero e asseconda il bianco. Viene da un pensiero che sa di muoversi contro una corrente che tutti i cavalli, come la notte, rendeva già irreparabilmente neri. Individuare nell’Ellenismo e nel suo dogma estetico la soglia critica tra filosofia e “ideologia” era anche interrogarsi sul ruolo assunto dalle sue forme espressive, il romanzo in primis, e dalle loro implicazioni politiche. Incapaci di trattenere il mito nel rango ontologico della pura apparenza esse ne autorizzavano la metamorfosi in mistero artistico. Il libro già nel binomio del titolo rimanda a La persuasione e la rettorica di Michelstaedter nelle due possibilità perennemente aperte al pensiero e alle arti: la via dell’immaginazione trascendentale e quella dell’immaginario reificato. Posto dinnanzi ai dilemmi del mondo antico, il lettore potrà mettere a fuoco in maniera inedita quelli contemporanei, scoprendo che quanto si spacciava per emancipante liberazione delle apparenze non era, in realtà, che compiuta simulazione spettacolare; acritica consegna del pensiero all’astenia dei suoi fantasmi. Questi, in forme culturali inseparabili dai misteri del successo, avrebbero rivelato muscoli servili adatti alla nuova forma ludica di potere planetario. Ma il filosofo riconosce sempre con largo anticipo le direttive a cui il cavallo nero, nel suo impeto cieco, non esita a piegarsi.
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