Milano, febbraio 1979. Nel clima incandescente di fine anni Settanta, all’indomani dell’omicidio di un gioielliere vengono incriminati i giovani militanti di un Collettivo politico autonomo della Barona. Dopo i pestaggi, gli insulti e le devastazioni delle abitazioni seguiti dagli interrogatori in questura e dal trasferimento in carcere, alcuni di loro subiscono vere e proprie torture, anche con l’uso del waterboarding (simulazione dell’annegamento) e bruciature dei genitali. Un episodio rimasto oscuro, come tanti all’interno della guerra sporca di alcuni apparati dello Stato contro i gruppi della sinistra rivoluzionaria. Scritto nella forma di un romanzo corale, alternando le voci in prima persona dei protagonisti, Sei giorni troppo lunghi narra una piccola storia di ingiustizia, evocando verità scomode mai raccontate e occultate in nome della ragion di Stato. I fatti risalgono a quarantacinque anni fa, ma da allora nulla è cambiato. Si continua tranquillamente a torturare e a uccidere, sia nelle carceri sia nelle questure, come confermano le cronache recenti, da Cucchi ad Aldrovandi. Un romanzo serrato, una cronaca allucinata di sei giorni vissuti pericolosamente mossa dall’urgenza di ricordare un’epoca tuttora viva dentro chi, nonostante tutto, i suoi sogni non li ha venduti. Non li ha venduti. Mai.
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