Sebbene in passato non sia mancata la popolarità a questo racconto, celebrato a più riprese in antologie e saggi affini alle tematiche gotiche – e correttamente riconosciuto come uno dei primi racconti di vampiri della letteratura occidentale, invero probabilmente superato dal solo “Der Vampir” di Ignaz Ferdinand Arnold (1801) – “Wake Not The Dead!” è accompagnato da una storia assai travagliata per quanto riguarda l’attribuzione della paternità dell’opera. Nello specifico, questa è stata spesso erroneamente attribuita all’autore tedesco Ludwig Tieck (1773-1853), equivoco ripetuto e diffuso al grande pubblico da Peter Haining nella sua riproposizione in lingua inglese con il titolo alternativo di “The Bride of the Grave” contenuta nella celebre raccolta Gothic Tales of Terror del 1972. Nonostante tra gli studi tedeschi di fine XIX secolo non vi fossero dubbi che la storia originale “Lasst die Todten ruhen!”, comparsa sulle pagine del Minerva. Taschenbuch für das Jahr 1823, fosse indiscutibilmente opera del tedesco Ernst Benjamin Salomo Raupach (1784-1852), l’errore di attribuzione pare essersi generato in concomitanza con il buon successo della traduzione in lingua inglese, considerando che tale mistificazione a favore di uno degli autori romantici più apprezzati della Germania appare specialmente antologizzata tra gli studi e raccolte britanniche e statunitensi. Non vi sono tuttavia dubbi sulla paternità dell’opera; in particolare il racconto appare correttamente attribuito a Raupach da Karl Goedeke nel suo compendio di letteratura tedesca Grundriss zur Geschichte der deutschen Dichtung (1905), così come da Stefan Hock nel suo libro Die Vampyrsagen und ihre Verwertung in der deutschen Literatur (1900), che pure ne cita la fonte come il Minerva. La prima traduzione in lingua inglese, a cui va certamente riconosciuto il merito della buona diffusione al pubblico, appare sempre nel 1823 nell’antologia Popular Tales and Romances of the Northern Nations, raccolta in cui gli autori non sono riportati in coincidenza delle singole storie, bensì citati in prefazione come presenti nella raccolta – che appunto comprendeva Tieck come autore di “Der blonde Eckbert”. Tale raccolta è menzionata anche da Haining come fonte della prima versione del racconto in lingua inglese, offrendoci dunque la probabile soluzione di tale equivoco.
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