Nel 2013 la Ugly Animal Preservation Society (UAPS) ha conferito a una creatura degli abissi marini, il cosiddetto pesce blob, il premio come animale più brutto della Terra. A causa delle sue fattezze bizzarre e aliene, può infatti essere considerato il testimonial di quelle specie che definiamo «non pucciose»: scarafaggi, topi, rospi, piccioni, ragni, talpe, scorfani, serpenti, squali…, tutti animali dimenticati, spesso temuti in modo ingiustificato e che finiscono per essere uccisi, torturati e perseguitati senza ripensamenti o un qualsivoglia senso di colpa da parte nostra. «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri». Adattando alla zoo-antropologia la massima resa famosa da George Orwell nel suo La fattoria degli animali, possiamo affermare che gli esseri umani prediligono in genere alcuni animali, spesso appartenenti alla cosiddetta «fauna carismatica» o comunque in grado di vantare forme e tratti per noi più rassicuranti, teneri o armoniosi. Le nostre preferenze, unite a pregiudizi culturali e personali, non ci consentono quindi di apprezzare e rispettare l’importanza ecologica di numerose specie che risultano quasi invisibili ai nostri occhi. Quali sono le ragioni evolutive del disprezzo che proviamo nei loro confronti? In che modo l’opinione pubblica può rendere più semplice la conservazione della biodiversità animale? E, infine, che cosa possiamo fare per imparare ad apprezzare un po’ di più cinghiali e insetti, lombrichi e avvoltoi? L’etologo Christian Lenzi firma un elogio degli animali «brutti, sporchi e cattivi» che, in tempi di crisi ecologica ed estinzione di massa, non è l’ennesimo bestiario ricco di curiosità ma un disperato appello per la salvaguardia della fauna mondiale.
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