"Guardava avanti, quella sera, Silvio Berlusconi. Aveva il volto terreo. Era assorbito da un turbinio di immagini, di grida. Non scrutava quella muraglia umana che si era formata ai due lati di via Quattro Novembre. Gli sembrava un fatto incredibile dover passare tra ali di una folla che agitava le mani, sbeffeggiava, alzava lenzuola bianche. Da lontano, arrivavano gli echi di una contestazione mai vista, ritmata dalle grida di "buffone", "in galera". E sul selciato cadevano monetine, lanciate a distanza, da ragazzini dal volto sudato, con gli occhi sgranati. Tanta eccitazione per vedere lui salire al Quirinale. Da Palazzo Grazioli al palazzo del Quirinale, il nastro stradale si percorre in un baleno. Ma la sera del 12 novembre 2011, era un percorso accidentato, l'Audi andava a sbalzi, malgrado la maestria dell'autista. Non poteva correre, teneva l'acceleratore pigiato il meno possibile. Il lampeggiante proiettava fasci di luce azzurrognola e blu che deformavano i volti della folla assiepata. Sembravano mostruosi sguardi pieni di ferocia. Le loro bocche erano simili a fauci pronte a inghiottire anche lui, qualcosa di mostruoso e angosciante. Aveva in mente, in quegli istanti, soltanto le battute che avrebbe recitato al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano."
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