Tre racconti lunghi accomunati da una ponderata, misurata cattiveria. Non malignità, attenzione, proprio cattiveria, quel nobile e vituperato sentimento che vi fa diffidare di emozioni, sentimenti, pensieri, riflessioni troppo esibiti e gridati. La masca calca i toni, descrive crudeltà, perversioni sessuali, magie nere, odî inestinguibili, indugia su particolari repellenti e sanguinosi, forse per il desiderio di giocare uno scherzo bizzarro alla propria vittima o forse perché, sola da un’infinità di tempo, anche lei desidera compagnia. L’autrice non scioglie l’ambiguità e con attenzione riesce a cogliere e narrare due passaggi cruciali della vita, quello dall’infanzia all’adolescenza, incarnato dalla masca, e quello dalla giovinezza all’età adulta, nel personaggio di Ghitona, la contadina.
Consolata Lanza riesce nella faticosa impresa di narrare con modi freddi e cerebrali passioni roventi ed emozioni eccessive: il risultato è una scrittura tersa, rarefatta, esatta, come avrebbe detto Calvino.