Senza confini è dichiaratamente una etnographic novel. Qualche giorno fa è uscito un articolo che ne sonda la portata della narrazione e degli intenti, lo trovate su Il lavoro culturale e porta la firma di Pietro De Vivo. Parlare di Senza Confini di Francesca Cogni e Andrea Staid, e della sua definizione, è un atto necessario. Il libro è stato pubblicato da Milieu sul finire dell’anno scorso e già si configura con un prodotto ibrido, dinamico, trasversale. Senza Confini: tra graphic novel ed etnografia Dentro le pagine ci sono dieci storie. Di migrazioni, lotte e solidarietà, dense di una dimensione collettiva che si allarga e attraversa molti mondi, molte altre storie, e che si restringe a zoomare le storie di vita. Cambiano le prospettive, in dall’inizio, quando il lettore si trova di fronte ad una cartina del mondo completamente ribaltata. Su questa mappa si trova l’indice, i nomi delle voci che nel libro segnano le traiettorie di questi viaggi e passaggi. Ci vogliono visioni globali, rinnovate. Sono necessarie visioni universali, umane. Le storie che sono racchiuse dentro il volume possono essere comprese solo guardando a quella cartina da altri punti di vista, senza schemi precostituiti e pregiudizi castranti. Queste storie nascono e crescono ovunque e si diramano fino a noi, dall’Africa a Parigi, dal Senegal, Berlino, Milano. Sono etnografie, ma dentro si sente il movimento dei sentimenti, tutti, e della solidarietà. Dice Pietro De Vivo nella sua esaustiva recensione su Senza Confini: "È un periodo storico di razzismo dilagante in cui problemi molto complessi sono affrontati con risposte semplicistiche. […]Uno dei modi per ribaltare i punti di vista semplicistici, decostruire le narrazioni convenzionali, è raccontare la complessità attraverso la complessità.] La complessità di ragionare Senza Confini Proprio stamattina dopo aver letto questa recensione, mi ero imbattuta in un’altra riflessione sulla complessità, anche se di altra natura. Dice il Maestro Choa Kok Sui: “La semplicità non esiste, è un'illusione della mente che ha bisogno di semplificare per credere di aver capito.” Il problema è che molti, troppi, credono di aver capito, e quando cominciano a credere perdono la complessità dei dati reali, delle vite ancora più reali. Perdono la consapevolezza, l’umanità, che è cosa estremamente complessa (e a volte anche complicata). Semplificare vuol dire essere riduzionisti, non avere parole per spiegare eventi grandi e significativi. E l’unica cosa semplice è accettare che la realtà è complessa. Questa graphic novel ci permette di fare pace con la complessità, la disegna, la narra, la valorizza. Tratteggia queste vite di essere umani, senza riduzioni, ampliando la cornice e lasciando spazio alle scelte individuali dentro i disegni dell’economia, della guerra, dei nuovi e vecchi colonialismi, dei problemi ambientali. Non è buonismo, è la complessità di ragionare Senza Confini. Un titolo che dice tanto, che parla anche della scelta stilistica di mettere insieme diversi linguaggi narrativi, diversi approcci, tra reportage, biografia, forma epistolare e documentaria. Una etnographic novel, tra arte e ricerca. Un volume da custodire, regalare, assaporare, da leggere per non perdere l’amore per la complessità.