Dopo diverse vicissitudini, tra il 1912 e il 1913 Dino Campana trascorse alcuni mesi a Bologna come studente universitario della facoltà di chimica. Di quell'epoca densa di scoperte poetiche e artistiche, passata dal poeta tra strade e caffè cittadini, Mario Bejor è tra i più importanti testimoni. Egli fu tra coloro che intuirono l'ardente vena poetica di Campana, il cui fuoco lirico si rivelava proprio in quei mesi e proprio al gruppo di amici di cui entrambi facevano parte. Quando dopo la guerra Dino trovò la fama, l'amico di un tempo volle ricordare quei giorni scanzonati, scrivendo un documento che fotografa la nascita di una prodigiosa vita poetica. Nasce così questo libro, "Dino Campana a Bologna", uno dei più interessanti documenti biografici sul poeta, un piccolo libro di ricordi pubblicato nel 1943. Introvabile fino a oggi, questa edizione aggiornata di Elliot lo fa riemergere dall'oblio. (Continua a leggere dopo la foto) Dino Campana (1885-1932), giovane irrequieto e turbato originario di Marradi, dopo un periodo di viaggi e avventure e una degenza nel manicomio di Imola (dal 5 settembre al 31 ottobre 1906), si iscrive nuovamente alla Facoltà di Chimica farmaceutica dell'Università di Bologna, già frequentata nel 1906. Comincia a pubblicare alcune sue poesie su rivistine goliardiche, quali "Il Papiro" o "Il Goliardo", firmandosi con strani pseudonimi, come Campanula e Din Don. In questo periodo entra anche in contatto con l'ambiente futurista toscano. Lo smarrimento del manoscritto delle sue poesie da parte di Ardengo Soffici lo costringe a riscriverle a memoria. La raccolta i "Canti orfici" sarà finalmente pubblicata nella natia Marradi nel 1914 dalla tipografia Ravagli. (Continua a leggere dopo la foto) Campana continuerà a frequentare i caffè letterari bolognesi, quali il bar Nazionale e il Caffè San Pietro, nei quali farà conoscere i poeti "maledetti" Verlaine e Rimbaud e dove tenterà di vendere copie dei suoi canti, con aggiunte autografe di testi occasionali. Terrà inoltre fecondi rapporti con gli intellettuali locali, da Giorgio Morandi a Riccardo Bacchelli, da Bino Binazzi, che sarà il suo unico vero amico, a Giuseppe Raimondi. Internato nel 1918 con la diagnosi di una grave forma di psicosi schizofrenica, morirà nel manicomio di Villa di Castelpulci, presso Firenze, nel 1932. [Continua a seguirci su TaBook e scopri tutte le novità e le offerte del nostro catalogo dell'editoria indipendente: clicca qui!]